Un docente può essere dispensato dal servizio per incapacità di insegnamento? Secondo la Corte di Cassazione sì. Con la sentenza n. 17897/23 viene legittimata la dispensa dal servizio per “incapacità didattica”. Il caso riguarda un insegnante di storia e geografia presso una scuola secondaria di II grado. Secondo le accuse, la sua didattica era inadeguata ed era una docente poco attenta. A quanto sembra, non possedeva i libri di testo, presentava disattenzione durante le interrogazioni ed effettuava un’assegnazione dei voti in modo casuale.
La dispensa dal servizio, che è prevista dall’art. 512 d.lgs. n. 297/1994, è stata adottata per “assoluta e permanente inettitudine alla docenza”. L’insegnante si era difesa richiamando i principi dell’autonomia didattica e della libertà di insegnamento. Aveva ottenuto una sentenza a favore in primo grado, ma la Corte di Appello ha ribaltato il verdetto. Secondo la documentazione, la docente si era assentata 20 anni su 24 di insegnamento (di cui i primi 10 totalmente assente e i residui 14 parzialmente in malattia, da 40 a 180 gg l’anno), il che non permetteva di effettuare osservazioni a lungo termine (motivazione con cui aveva vinto in primo grado).
Si legge nella sentenza: “Come da tempo chiarito anche dalla giurisprudenza amministrativa (v. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 26 aprile 2000, n. 2495), detta dispensa non discende da comportamenti colpevoli dell’insegnante e, pertanto, non implica una responsabilità né postula un giudizio di proporzionalità, poiché non ha carattere sanzionatorio, trattandosi di atto che si limita a constatare l’oggettiva inidoneità a svolgere la funzione di insegnante. È stata, quindi, esclusa la natura disciplinare dell’atto di dispensa per incapacità didattica, in quanto atto reso all’esito di un giudizio che, seppur valutativo, è privo di natura discrezionale, si limita a constatare, sulla base di dati oggettivi convergenti tra loro e sintomatici della mancanza di attitudine all’impiego, o l’oggettiva inidoneità del docente a svolgere le mansioni inerenti all’insegnamento. Da qui l’inapplicabilità delle norme dettate per i procedimenti disciplinati dal d.lgs. n. 16 del 2001 (cfr. Cass. n. 6742/2022 e Cass. n. 10438/2012 citate)”.
Riguardo alla libertà di insegnamento, viene precisato: “La libertà d’insegnamento in ambito scolastico, quindi, è intesa come “autonomia didattica” diretta e funzionale a una “piena formazione della personalità degli alunni”, titolari di un vero e proprio “diritto allo studio”. Di conseguenza non è libertà fine a se stessa, ma il suo esercizio, attraverso l’autonomia didattica del singolo insegnante, costituisce il modo per garantire il diritto allo studio di ogni alunno e, in ultima analisi, “la piena formazione della personalità” dei discenti.