La Suprema Corte di Cassazione, con orientamento ormai costante (già assolutamente dominante anche nella giurisprudenza di merito), ha stabilito che l’art. 7, comma 1, del C.C.N.L. per il personale del comparto scuola del 15 marzo 2001, che attribuisce la “retribuzione professionale docenti” a tutto il personale docente ed educativo, si interpreta – alla luce del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE – nel senso di ricomprendere nella previsione anche tutti gli assunti a tempo determinato, a prescindere dalle diverse tipologie di incarico previste dalla l. n. 124 del 1999, (Cass. ordinanza n. 20015 del 27 luglio 2018; in senso conforme Cass. ordinanza n. 15371 del 06.06.2019 e Cass. ordinanza n. 6293 del 5 marzo 2020).
Secondo la Corte di Cassazione non può, quindi, dubitarsi che la Retribuzione Professionale Docenti (RPD) costituisca un compenso fisso e continuativo atteso che lo stesso viene corrisposto, ai sensi dell’art. 7 del C.C.N.L., per dodici mensilità, perché il supplente temporaneo, in quanto assunto per sostituzioni brevi e saltuarie, rende una prestazione equivalente, quanto a mansioni e funzioni, a quella del lavoratore sostituito.
Tra i primi giudici ordinari, il Tribunale di Marsala, con sentenza n. 619 del 12/09/2023, in accoglimento delle domande e delle tesi di parte ricorrente, ha condannato il Ministero dell’Istruzione e del Merito al pagamento in favore della ricorrente della retribuzione professionale docenti per tutti i rapporti di lavoro a termine di durata non inferiore a 180 giorni complessivi nell’arco di ciascun anno di servizio con l’Amministrazione convenuta con i conseguenti diritti connessi al T.F.R., oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo.