I genitori di uno studente hanno impugnato due provvedimenti disciplinari, cioè l’allontanamento dalla comunità fino al termine dell’anno scolastico e l’esclusione dello scrutinio finale, irrogati al figlio in conseguenza gravi atti commessi nei confronti di un compagno di classe, insieme ad un altro studente.
I genitori, adendo il Tar Umbria, sostenevano anche che il figlio, prima di quest’episodio, avesse sempre tenuto un comportamento corretto dentro e fuori scuola e che, in questo caso specifico, avrebbe agito sotto l’influenza negativa di un altro studente problematico e con trascorsi disciplinari nei cui confronti era diffuso un senso di sudditanza psicologica.
In aggiunta, chiedevano un risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti alla perdita dell’anno ed ai disagi psicologici ed esistenziali patiti dal figlio nella misura da determinarsi equitativamente e comunque non inferiore a € 10.000,00.
Il Ministero e l’Istituto scolastico si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.
Il Tar Umbria ha, invece, ritenuto legittimo il provvedimento assunto dalla scuola, in considerazione della confessione dello studente minore e perché:
- la prestanza fisica del minore avrebbe dovuto permettergli di fermare la violenza dell’altro studente, anche per le suppliche urlate dalla vittima per far smettere l’aggressione;
- i fatti, pur verificatisi fuori, avevano avuto ripercussioni nell’ambiente scolastico;
- la sanzione era conforme al regolamento di istituto, che era sempre disponibile sul sito web della scuola e prevedeva specifiche norme di comportamento e sanzioni disciplinari.
La Sentenza n. 90/2023 analizza i poteri del Dirigente a tutela della sicurezza e della serenità dell’ambiente scolastico e di contrasto al bullismo, fenomeno sempre più dilagante: è lecito espellere sino a fine anno chi dentro e fuori scuola ha commesso gravi violenze tali da far insorgere preoccupazioni per una sua capacità di riammissione.